
Montebenichi con gusto
In Val d’Ambra nella Toscana verace
Svettante sulla collina che divide il Chianti dal Valdarno, al confine tra la provincia di Siena e quella di Arezzo, sorge Montebenichi, piccolo borgo medievale situato a un’altezza di 511 metri, ben conservato e ricco di charme, nonostante i pochi residenti.
Montebenichi è in un territorio integro
Circondato da boschi e vigneti e con strade poco trafficate, si trova in una zona ideale non solo per i vini e l’olio, ma anche per chi ama pedalare. Prima di arrivarci, quasi giunti alla meta, s’incontrano la canonica e l’abside di Santa Maria di Altaserra, una pieve romanica, il cui ingresso affaccia sulla vallata dalla parte opposta.
In origine, forse, a Montebenichi vi era un insediamento longobardo, sul quale nacque il castello, un’antica fortezza della quale oggi tratti di mura e di una torre del XV secolo sono ancora ben visibili quando si arriva in paese.
All’ingresso del borgo si trova il castello di Gregorio Stendardi detto Goro da Montebenichi, capitano di ventura che combatté nella battaglia di Gavinana a fianco di Francesco Ferrucci nel 1530 contro i francesi, distinguendosi a tal punto che i Medici nominarono conti i suoi discendenti.
Di lato al castello, che è in attesa di essere sollevato dalla propria sorte di rovina dall’attuale proprietà, si trova la chiesa dedicata a Santa Brigida; di fronte, invece, c’è l’Osteria L’Orciaia, gestita da Simone e sua moglie Eva, con cucina toscana casalinga basata su qualità e materie prime scelte nel territorio: aperta da Pasqua a ottobre, è possibile trovare posto solo su prenotazione.
Passeggiando nel minuscolo borgo, in un clima di tranquillità e silenzio, si arriva al nucleo centrale, piazza Gorizia, con un bel pozzo antico, sulla quale si affacciano le case e il Castelletto, restaurato nella forma attuale agli inizi del ‘900 e ora trasformato in un lussuoso e raffinato piccolo albergo quattro stelle.
In paese vivono ora solo una ventina di persone, per lo più anziani: i giovani si sono spostati nei paesi limitrofi dove possono usufruire di servizi e hanno più possibilità di trovare un lavoro.
Un tempo, infatti, a Montebenichi si viveva di agricoltura, tra le viti e gli ulivi che davano un extravergine di oliva dal colore e dal sapore intenso e si allevavano anche animali da cortile, più per uso famigliare che per altro. C’erano due botteghe alimentari, una delle quali vendeva anche i tabacchi e aveva l’unico telefono del borgo.
Da Pasqua a settembre il borgo si anima: molti turisti – europei, americani e anche del Sol Levante – vengono qui, in affitto in una delle case o in albergo, per conoscere la vera Toscana: dolci colline, strade bianche fiancheggiate da cipressi, boschi, rustici abbandonati o trasformati, castelli e borghi medievali, paesaggi dai colori cangianti e incredibili, crete… e le innumerevoli sagre estive.
Chi preferisce stare fuori dalle mura del borgo, soggiorna in uno dei numerosi agriturismi sorti in zona: case coloniche ristrutturate, spesso dotate di piscina, che fanno da base per piacevoli escursioni in zona.
Siena si erge a soli 20 minuti di piacevole viaggio in auto da questo incantevole borgo. Arezzo, altrettanto affascinante, dista 40 minuti di strada, mentre la gloriosa Firenze si trova a soli 90 chilometri di distanza. Queste tre gemme sono le mete principali da esplorare partendo da Montebenichi.
Tuttavia, vi sono anche delle località meno celebrate, ma autentiche, che meritano la tua attenzione. Castelnuovo Berardenga, San Gusmé, Pietraviva, Cennina, Duddova, le incredibili crete di Asciano, le rigeneranti Terme di Rapolano e l’incantevole Castello di Gargonza sono tesori nascosti che attendono di essere scoperti.
Prima di congedarti da questo incantevole borgo, concediti il piacere di ammirare il paesaggio dalla strada che si snoda alle spalle del Castelletto. Da lì, potrai contemplare l’incantevole campagna toscana e ammirare la maestosa Siena, con la sua imponente Torre del Mangia e il campanile del Duomo, che sembreranno a portata di mano, quasi a sfiorarli con lo sguardo.
Viaggio del gusto

Bruschetta Ph. Hansuan Fabregas da Pixabay
Le specialità della cucina locale sono la ribollita, la bruschetta (qui ribattezzata “fettunta”), la pappa al pomodoro, i fagioli all’uccelletto, l’arista o le bistecche e la “salciccia” (salsiccia) in gratella, la panzanella, i pici all’agliona e il vino, Chianti naturalmente!
Immersi nel fascino dei paesaggi toscani e circondati da amici, quando la cena giunge alla sua dolce conclusione, come un regalo dal cielo appare un bicchiere di Vin Santo, accompagnato da fragranti cantucci.
Il Trebbiano toscano, la Malvasia del Chianti, il Canaiolo Bianco e il San Colombano sono le uve scelte per il Vin Santo del Chianti DOC, passito prodotto da uve accuratamente disidratate. È così ricco di zucchero che potrebbe quasi essere il compagno per la vita.
La storia racconta di un frate francescano che, durante l’epidemia di peste del 1348 a Siena, somministrò una goccia di vino della messa agli ammalati, portando loro un momento di sollievo. Da quel giorno, il Vinsanto è diventato noto come il “vino dei miracoli”.
Il suo profumo di uva e miele penetra nelle narici, stimolando il cervelletto, mentre il primo sorso arriva al palato con un delicato pizzicore alcolico. Poi, una lieve ebbrezza si fa strada alla testa, portando lo spirito in un viaggio unico.
E non dimentichiamo i cantucci, quei biscottini secchi con le mandorle. In solitario, sfidano persino il tuo peggior nemico dentale, richiedendo un impegno serio dagli incisivi ai molari, fino a spezzare un pezzetto che suona come una sinfonia sotto i denti.
Ma ecco il colpo di scena! Quando immergi questi duretti biscotti nel Vinsanto, succede la magia. Un pulviscolo di farina e zucchero si scioglie nel liquido dorato, trasformandolo in un mondo di morbidezze. Porti il biscotto alla bocca, ancora prima che possa perdere la sua integrità, e sperimenti una sinfonia di sapori sulla lingua: la mandorla, lo zucchero e la granella si fondono in una danza gustativa unica.
Quali sono i migliori cantucci?

Cantuccini Ph. BeatriceBB da Pixabay
Il nome “cantuccio” forse deriva da “canto”, ossia angolo, e la prima menzione ufficiale dei cantucci che troviamo risale al 1691 dall’Accademia della Crusca, che lo definisce “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”.
La prima ricetta risale alla seconda metà del Settecento ed è opera di Amadio Baldanzi, presbitero e medico, e il manoscritto che la contiene è conservato all’Archivio di Stato di Prato.
E fu nel XIX secolo, grazie al pasticcere pratese Antonio Mattei, i cantucci divennero famosi: dopo aver conquistato la medaglia al merito nell’Esposizione Italiana del 1861, nel 1867 ottennero una menzione d’onore all’Esposizione Universale di Parigi.
E per rispondere alla domanda iniziale, i migliori cantucci sono quelli preparati da te, ed è molto facile farlo.
Ecco la ricetta, la più semplice di una delle tante varianti:
400 gr di zucchero
4 uova grandi
500 gr di farina
Una noce di burro (si può sostituire con l’olio)
1 cucchiaino di lievito per dolci
Vanillina
Mandorle sgusciate ma non spelate
Mescola le uova e lo zucchero, quindi aggiungi gli altri ingredienti, con le mandorle spezzettate. L’impasto risulterà appiccicoso, ma ne varrà la pena. Mettilo su carta forno, diviso in salsicciotti e spolverali di zucchero, che li renderà più croccanti.
Cuoci a 180°C fino a quando saranno leggermente dorati.
Taglia diagonalmente i biscotti ancora caldi, appena estratti dal forno.
Volendo, infornarli nuovamente per una decina di minuti, per renderli ancora più croccanti. Io non lo faccio, mi piacciono morbidi.
Le mandorle sono la chiave segreta che attenua la dolcezza dei cantucci e del Vinsanto, creando un abbinamento perfetto che ti farà innamorare ancora e ancora.
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