La festa dei Giudei a San Fratello
La settimana santa in Sicilia è pervasa da eventi religiosi che si svolgono in moltissime località dell’Isola, molti dei quali di antica tradizione e con rituali davvero strani e spettacolari. Tra questi spicca la Festa dei Giudei a San Fratello, in provincia di Messina, che si tiene nei giorni del mercoledì, giovedì e venerdì santo. Una rappresentazione in cui, durante le processioni che mettono in scena la morte di Cristo, girano per il paese e accompagnano le processioni stesse, una miriade di persone vestite da diavoli che suonano la tromba, schiamazzano, cantano, mangiano e bevono di casa in casa.
Per cercare di capire questa festa, bisogna approfondire a nostro avviso la storia della presenza ebraica in Sicilia e metterla in correlazione con la denominazione della Festa definita “dei Giudei” in questo particolare paesino dei Nebrodi, speciale anche per la lingua che vi si parla, il gallo-italico, ben distante e diversa dalla lingua siciliana.
Il 18 giugno 1492, Ferdinando il cattolico e Isabella di Castiglia, in seguito alla grave crisi economica del regno spagnolo e della Sicilia, che era vice-reame, emanarono l’editto che impose agli ebrei l’abbandono della Sicilia entro tre mesi, pena la morte. Ebrei che vivevano nella regione da tempi remoti.
L’isola era abitata da una percentuale di ebrei superiore a quelli presenti in qualsiasi altra regione europea, ovvero circa il 10%. In seguito all’emanazione dell’editto, si doveva abbandonare la Sicilia e la Spagna, vendere tutti gli averi oppure rimanere, battezzarsi cristiani cattolici e rinnegare l’antica fede. Molto probabilmente, fu la logica conseguenza per l’aiuto che essi avevano dato al regno islamico nella guerra contro la Spagna. Già prima del 1492 operò in Sicilia un tribunale, definito “Della Santa Inquisizione”, che spesso portò alla condanna a morte numerose vittime di religione ebraica. Questo atteggiamento prevaricatore della Chiesa continuò per secoli, anche dopo l’unità d’Italia.
In Sicilia l’Inquisizione condannò 6211 ebrei, 2098 giudeizzanti, 395 luterani, 608 mori e rinnegati, 100 tra gli eretici vari, 852 negromanti e streghe. Dal 1500 al 1782, i bruciati sul rogo in Sicilia furono 584, di cui 473 giudei, 74 protestanti, 17 mori e rinnegati, 11 eretici vari e 4 obiettori del sant’officio.
Non è facile determinare per quanto tempo molti di essi professarono segretamente la religione ebraica in Sicilia. Il punto focale di tutto ciò, è che molti di coloro che rimasero, finsero di essere diventati cristiani e, segretamente, cercarono di mantenere usi e tradizioni di origine, rispettando le cerimonie ebraiche.
Le origini della manifestazione
Come si può leggere, in quest’ottica, la festa dei giudei a San Fratello? Essa nacque forse nel tardo medioevo da parte della comunità ebraica come affermazione della propria identità?
A San Fratello, la pratica di sputare, prendere a calci e frustare – durante un corteo di giudei – un uomo del popolo che personificava il Cristo, ha a che fare con questo?
Agli inizi di questa tradizione – che potremmo definire una rappresentazione teatrale all’aperto – ove si mette in scena il dramma della condanna a morte di Gesù, i costumi dei giudei erano molto semplici e non presentavano l’odierna ricchezza di colori e di particolari.
Le foto scattate dal famoso fotografo americano David Seymour a San Fratello nel 1954, mostrano questa pratica ancora viva tra le usanze della popolazione locale e raffigurano un Gesù alquanto malmesso e, soprattutto, arrabbiato per ciò che è costretto a ricevere. Oppure questa tradizione è stata messa in scena dalla popolazione originaria del posto per accusare, ancora una volta, anno dopo anno, la colpevolezza dei giudei? Forse non lo sapremo mai, ma sta di fatto che – analizzando anche i cognomi locali – le prove dell’esistenza in passato di una comunità ebraica nutrita a San Fratello ci sono.
I cognomi, ancora oggi presenti nel paese, che hanno una sicura origine ebraica per vari motivi (luogo di provenienza, suffisso ‘Di’, nomi di mestieri e così via), lo dimostrano.
Molti ebrei cambiarono cognome e molti, potendo scegliere, assunsero la forma latinizzata del proprio cognome da giudeo. Altri scelsero cognomi illustri e questo spiega perché molti ebbero il cognome di colui che pilotò e indirizzò alla transizione verso la nuova fede. Oltre al luogo di provenienza, molti cognomi indicano l’esplicazione di arti e di mestieri praticati.
Una ricerca diffusa
L’insegnante e ricercatore storico Roberto Sicilia, ha effettuato una interessante ricerca sui cognomi di origine ebraica suddividendoli in categorie in un interessante video presente su YouTube.
Quelli riscontrabili a San Fratello sono numerosissimi. Per gli altri cognomi diffusi in Sicilia si può consultare il sito e anche il libro di Francesco Renda “La fine del giudaismo siciliano” edito da Sellerio.
Se si fa una disamina dei cinque cognomi più diffusi a San Fratello (tra i suoi circa 3.500 abitanti) – Carroccio (90), Manasseri (67), Mancuso (62), Mondello (59) e Versaci (59) – considerando che i primi quattro sono cognomi che provengono dal nord Italia e che Manasseri, Mancuso e Mondello sono di origine ebraica, la percentuale di cognomi ebraici sui cinque cognomi più diffusi che sono rappresentati da 337 persone, è del 55,8%! E se si ragiona sul totale dei cognomi, sicuramente la percentuale dei cognomi ebrei, come visto dall’elenco precedente, si avvicina al terzo della popolazione, e questo è un dato che deve far riflettere. Uno studio, seppure superficiale, ha permesso di trovare vocaboli di origine ebraica anche nei nomi di strade, di contrade e quindi nella toponomastica del territorio sanfratellano, come pure fra i soprannomi di alcune famiglie.
C’è poi un particolare interessante: San Fratello ha una contrada che si chiama Catena, ove agli inizi del ‘900 sorge una piccola chiesa in onore alla Madonna della Catena. Secondo molti storici, tutti i toponimi indicati col nome ‘Catena’ o Santa Maria della Catena, rappresenterebbero luoghi abitati da giudei. E infine, fatto clamoroso, la parola ‘marrani’ (sia in Siciliano che in gallo-italico), è stata molto usata nel centro di San Fratello per indicare chi veniva da fuori: marrani infatti, erano in origine indicati gli ebrei convertiti al cristianesimo. Tutto ciò a riprova della presenza di una numerosa comunità ebraica a San Fratello. Anche il blogger e appassionato di storia Carmelo Emanuele, nelle sue ricerche su San Fratello, ha trovato fonti certe sulla presenza di una nutrita comunità ebraica a San Fratello, come pure il compianto Benedetto Di Pietro – poeta e ricercatore storico – che ha pubblicato sulla rivista Pagnocco le notizie raccolte corredate dalle fonti.
Di notevole interesse è la tesi di laurea sull’argomento, scritta da Marialaura Scaravilli di San Fratello nel 2012 dal titolo Musiche in conflitto nella festa dei Giudei di San Fratello, che è diventata un libro. Lo stesso Carmelo Emanuele, tramite le sue letture e la profonda conoscenza della storia siciliana, ribadisce che non esiste una festa similare a quella di San Fratello, se si esclude un piccolo paese della Spagna.
Se non si può accertare con sicurezza la tesi del professor Salvatore Mangione che fa risalire la tradizione ad opera di un monaco nel XIII secolo, non abbiamo nemmeno certezze sulla tesi delle confraternite che nel Seicento rappresentavano la Pasqua un po’ in tutta la Sicilia.
Quello che è certo, è che a San Fratello le rappresentazioni assunsero connotazioni tipiche perché c’era l’esigenza di convertire al cristianesimo una parte nutrita della popolazione locale (come abbiamo visto dalla disanima dei cognomi), se non con la forza con la teatralità. Sia Di Pietro che la Scaravilli, hanno trovato importanti correlazioni tra la festa dei Giudei a San Fratello e alcune manifestazioni in Spagna e in Medio Oriente, ma nulla di simile a ciò che avviene nel centro nebroideo. Secondo Emanuele, le rappresentazioni con i Giudei si sono arricchite di volta in volta, portando a una evoluzione dei costumi stessi. E probabilmente fu così che comparve, dopo l’elmo romano sul capo dei giudei, le scarpe in pelle, la coda di cavallo, i lustrini, i disegni più elaborati… e la tromba, che sarebbe comparsa dopo la seconda metà dell’Ottocento, con la partecipazione dei sanfratellani alle guerre.
Il sacerdote e storico Luigi Vasi di San Fratello, affermava che la rappresentazione del Cristo era parte ambita: la popolazione di San Fratello si recava al Calvario – presso l’odierna località ove sorge la Chiesa di Maria SS. delle Grazie – per auto-flagellarsi, al fine di essere scelti per la parte.
Si trattava dell’inizio di quelle forme di autolesionismo che poi sarebbero continuate durante le rappresentazioni nella settimana santa. Col tempo – secondo il Vasi verso l’Ottocento – la figura del Cristo scomparve perché probabilmente, venendo picchiato, esso imprecava e ciò infastidì i sacerdoti o, più semplicemente, nessuno volle più fare quella parte. E la figura dei giudei, che inizialmente fungeva da contorno alla rappresentazione, secondo Emanuele, prende la scena da protagonista, trasformando inconsciamente una rappresentazione drammatica in qualcosa di divertente e liberatorio. In qualunque modo sia andata, gli ebrei c’entrano sicuramente ma, col tempo, i giovani hanno messo in scena la figura del giudeo per mangiare, bere, divertirsi e… perché no, disturbare un pochino. La figura del Giudeo si è poi evoluta fino a diventare quella che oggi vediamo e che è ben descritta nel romanzo Una finestra spalancata sulla Rocca al capitolo 9 (R. Ricciardi e M. Manasseri). Sarebbe dunque una festa che, in maniera spontanea, sia sfuggita al controllo religioso? Ciò che è nato per la presenza della comunità ebraica a San Fratello, è sfuggito al controllo della Chiesa e si è evoluto in folklore, nel momento in cui è scomparsa la figura del Cristo? A parere di chi scrive, probabilmente le confraternite cercarono di controllare manifestazioni che già erano presenti a San Fratello per cercare di riportarle nell’alveo della Chiesa, ma senza riuscirci. Ciò che accade a San Fratello è dovuto certamente alla nutrita comunità ebraica presente e merita ulteriori studi e ulteriore attenzione.
Disturbatori festosi
I giudei – riccamente vestiti di rosso con un costume ornato di lustrini e perline, fatto a mano dalle donne del posto – hanno la funzione di disturbare le funzioni religiose, suonando la tromba e girando di casa in casa per festeggiare, mentre il mondo intero è a lutto. Essi, quindi, bussano di porta in porta per farsi offrire il vino e le tipiche frittelle di cardi cucinate in quei giorni in casa.
Molti ebrei in Sicilia provenivano dall’isola tunisina di Jerba e l’appellativo girbinu era usato al tempo come dispregiativo per dire ebreo. Gerbino difatti, è presente anche a San Fratello, sia come cognome che come soprannome. Inoltre, il termine che definiva la sinagoga fino all’espulsione, era “Meschita”, evidenziando il mescolamento tra le due culture, quella araba e quella ebraica.
All’inizio di questa conquista, in Sicilia si parlava il greco ma si iniziava a formare il volgare siciliano, che poi divenne la lingua ufficiale del Regno di Sicilia – e gli ebrei presto impararono a parlarlo meglio degli autoctoni. A San Fratello, invece, come pure negli altri comuni gallo-italici, nasce nell’alto medioevo anche il gallo-italico, lingua che inizia – a fianco del siciliano volgare che in luogo assume, di conseguenza, connotati particolari – con la venuta di Lombardi a seguito dei Normanni e consolidatosi con la probabile (non ancora comprovata) presenza degli Aleramici.
Con i Normanni, invece, arrivarono in Sicilia, oltre ai Lombardi e con questi ultimi, anche molti ebrei dal nord Europa, ebrei portati al seguito per essere mezzadri e tenutari di terre – cosa che li distinguerà dagli ebrei del resto d’Italia. A tal proposito vedasi Strauss in Gli Ebrei in Sicilia dai Normanni a Federico II.
A riprova di quanto qui si afferma, vi è il raffronto tra molti cognomi della sola zona del Monferrato presa in esame e molti cognomi presenti a San Fratello (e in qualche caso soprannomi).
Se con gli arabi erano in precedenza arrivati in Sicilia gli ebrei gerbini e del nord Africa, con i Normanni arriveranno gli ebrei dal nord Europa, due distinti gruppi che a volte entravano in combutta (come a Ragusa una ventina d’anni prima dell’espulsione).
Nell’originale lingua gallo-italico di San Fratello, possiamo riscontrare la parola gallo-italica ‘giurecca’. Cosa indica? Giudecca? E perché? Con quale funzione? Indica forse il chiasso che questa comunità faceva in determinate occasioni? Qui ci appelliamo ai linguisti locali per scoprire la radice e il significato di questa parola. Esistono altre parole gallo-italiche che si riallacciano alla tradizione ebraica? La parola agli esperti.
Sulla festa dei giudei, invece, ci può aiutare molto il saggio della studiosa M. V. Strazzeri, dal titolo I giudei di San Fratello (Liguori Editore) che, sulla scia delle considerazioni dell’attento Sciascia, non si sofferma sull’apparenza delle cose e indaga a fondo per mettere in risalto la verità nascosta di questo evento religioso. La festa dei Giudei a San Fratello, è stata letta e interpretata da parte di studiosi e di antropologi sotto vari aspetti ma essa comunque si distingue dalle altre feste religiose pasquali del panorama siciliano, perché alla mistica sacralità contrappone il frastuono.
Anche il costume esprime chiari particolari che sono unici: la tradizione araba dei ricami di perline a formare disegni elaborati, confezionati a mano dalle donne sanfratellane, le scarpe di pelle (forse la parte del giudeo era svolta dai pastori), l’elmo romano sul capo, la coda di cavallo (presente a San Fratello ma adoperata come simbolo del maligno), il volto coperto da un cappuccio; ma soprattutto l’atteggiamento di scherno e di disturbo verso le donne eleganti, i proprietari e gli aristocratici – in che luce si può leggere questo aspetto? Spesso nel passato, i giudei burloni saltavano sulle pozzanghere per sporcare le signorine vestite bene che si recavano alle funzioni, o le sbeffeggiavano con simpatiche canzoncine. Che interpretazione si può dare a questo tipo di rappresentazioni?
La Strazzeri fa un collegamento interessante quando ci parla di ciò che è accaduto nel lontano passato a Lentini, quando la comunità ebraica lì presente, rifiuta la conversione al cristianesimo nel periodo normanno e poi si sposta sui Nebrodi, seguendo gli antichi sentieri e le regie trazzere medievali.
La festa, è forse una rivolta simbolica contro il cristianesimo, in ricordo di un’antica sopraffazione avvenuta nel passato? Occorre, quindi, una ricerca che non segua le consuete categorie antropologiche ma che vada al di là delle apparenze, per indagare a fondo il perché di questa festa particolarissima che in nessuna parte del mondo esiste. Quando andava bene, cristiani ed ebrei si limitavano a sassaiole: si può leggere in quest’ottica la parte svolta dal ‘Gesù’ sanfratellano che si lasciava picchiare? È per questo motivo che, col tempo, nessuno ha voluto interpretare quella parte, rimanendo il personaggio solo un ricordo? Sta di fatto che essi sono stati odiati perché ricchi e laboriosi e quindi rappresentavano, nel comune sentire, un elemento destabilizzante.
La festa originalissima che si tiene ogni anno a San Fratello durante la settimana santa sembra essere simile, secondo un’altra interpretazione, al carnevale giudaico, il cosiddetto Purim che si festeggia ancora oggi. Sappiamo infatti che tra le feste ebraiche più importanti e più antiche – risalenti alla presenza ebraica in Persia – c’è il Purim, che somiglia davvero tanto alla festa dei giudei di San Fratello, con trombe, schiamazzi e ubriacature. È inoltre da notare che la parte della Sicilia relativa ai Nebrodi era denominata ‘Val Demone’ e che certamente, anche per quanto riguarda il sincretismo del cristianesimo con antichi riti pagani, come i baccanali greco-romani, ci riporta a un possibile carnevale “sincretico” ebreo-pagano, frammisto – chissà perché – al rito cristiano pasquale.
Ovviamente, col tempo, gli ebrei delle generazioni seguenti si sono integrati nel tessuto sociale del paese e questa contrapposizione è stata dimenticata nello scorrere dei secoli, ma la tradizione del travestimento è rimasta ed è radicata nel sanfratellano, che ci tiene a questa tradizione e spende fino a 3.000 euro per farsi confezionare un costume da giudeo adulto.
Il passato non deve ripetersi
A San Fratello oggi, il sanfratellano mette in scena un dramma, recita una parte e – non di rado – è frequente vedere giudei con il cappuccio arrotolato sulla fronte che – a viso scoperto – aiutano a portare la croce. Davvero nulla è rimasto in questo grazioso paese sui Nebrodi, dei motivi che hanno fatto nascere questa tradizione ma, come appassionati di storia, vogliamo interrogarci su questi misteri del passato per capire da dove veniamo e chi siamo. Risulta di certo retrogrado e soprattutto anacronistico, continuare a pensare che in questa festa i ‘giudei’ recitino la parte di quelli che hanno ucciso Gesù. Questa curiosa festa, che suscita enorme sorpresa, mette in scena quello che è successo e vuole dirci a gran voce che quello che è stato non deve mai più ripetersi.
Una nota dell’ambasciata di Israele in Italia l’ha definita in passato una “manifestazione anti-semitica di larga risonanza e di antica tradizione” ma oggi, essenzialmente, la festa di San Fratello è assolutamente folkloristica, un richiamo per i turisti e per i migliori fotografi del mondo: il paese, oltre a Seymour negli anni ’50, ha persino ospitato il famoso fotografo americano Steve McCurry, che qualche anno fa ha immortalato nei suoi scatti il giudeo di San Fratello.
Nel dubbio, possiamo di certo sforzarci di fare un esperimento, ovvero quello di trasformare questa festa nel simbolo per antonomasia di come le feste religiose in Sicilia sono spesso sintesi di tante dominazioni, culture, tradizioni sociali e religiose – per questo la Sicilia, e soprattutto San Fratello, possono ergersi a laboratorio di convivenza perpetuo della storia tra culture e religioni diverse. Quindi, concludendo, la festa dei giudei a San Fratello, in quale ottica può essere letta?
Dando per scontato che ormai, per il sanfratellano di oggi, il giudeo visto come l’uccisore di Cristo non è più un elemento rappresentato, come ha avuto origine questa tradizione tardo medievale a San Fratello? Era la gente del posto che recitava la parte dell’ebreo, sottolineando ancora una volta il ruolo che gli ebrei ebbero nella Passione di Gesù, mettendo ancora una volta in scena un atto di discriminazione e sfregio? Oppure erano gli ebrei che, volendo rievocare il loro carnevale, indossavano i panni dei giudei perché quei tre giorni rappresentavano per loro assoluta libertà e gioia e, soprattutto, una rivincita sui restanti 362 giorni dell’anno? A questo proposito, chi scrive azzarda un’ipotesi, quella che a un certo punto della storia – cacciati gli ebrei dalla Sicilia – quelli convertiti rimasti a San Fratello possano aver voluto conservare la tradizione del Purim ebraico con un compromesso anomalo, in modo da far accettare – da parte del cattolicesimo – che tale tradizione si tenesse durante i giorni della passione di Cristo, recitando la parte di coloro che schernivano Gesù. E che, a un certo punto, ciò andasse bene a tutti, ebrei cristianizzati e cattolici. Ciò non dovrebbe scandalizzare, se pensiamo che la Sicilia è piena di feste in cui vi sono evidenti sincretismi religiosi con il paganesimo pre-cristiano (come nel caso del ‘Muzzuni’ di Alcara Li Fusi, che è stata fatta coincidere con la festa di San Giovanni il 24 giugno), accettate da secoli e fortemente presenti anche in feste famose di sante e santi di Sicilia.
Sarebbe a nostro avviso errato, anche in questo caso, fare revisionismo storico giudicando antisemita la festa dei Giudei di San Fratello, così come si giudica anti-indios il ricordo di Cristoforo Colombo negli Stati Uniti o la conservazione di taluni fasci littori scolpiti in edifici e strutture in giro per l’Italia. Un’errata tendenza, quella di revisionare la storia, che certamente non giova nel caso delle bellissime feste religiose siciliane. Riteniamo invece che il vero antisemitismo, in questo caso, sarebbe negare l’altissima probabilità di una origine ebraica di questa festa unica e spettacolare.
E allora lanciamo la palla agli esperti per un confronto, magari con un convegno da organizzare proprio a San Fratello, mentre tra lo schiamazzo gioioso dei Giudei e il dolore di Cristo possiamo continuare a meditare sulla sacralità dei sentimenti umani.
Rosalia Ricciardi e Fabio Messina
FONTI BIBLIOGRAFICHE
Per maggiori approfondimenti sul tema, potete consultare la seguente bibliografia:
– Francesco Renda I marrani in Sicilia
– Francesco Renda L’Inquisizione in Sicilia: i fatti, le persone (Sellerio, 1997)
– Attilio Milano Storia degli ebrei in Italia (Einaudi 1996), vol. 1° (pag. 686 per i dati numerici espressi)
– Nicolò Bucaria, Sicilia giudaica (Flaccovio editore 1996)
– Raphael Strauss, Gli Ebrei in Sicilia, dai Normanni a Federico II (Flaccovio editore 1992)
– M. V. Strazzeri Il libro I giudei di San Fratello (Liguori Editore)
– le opere del sacerdote e studioso Luigi Vasi di San Fratello
– l’articolo di Mara Trovato dell’8 aprile 2017 reperibile su internet I giudei di San Fratello
– le ricerche di Benedetto Di Pietro sull’argomento edite sulla rivista Pagnocco
– i libri pubblicati dal professor Salvatore Mangione di San Fratello.
– Marialaura Scavavilli Musiche in conflitto nella festa dei Giudei di San Fratello (Società Nuova fra Militari in Congedo – San Fratello, 2013).
E per i siti internet consultare:
capodorlando.org/siciliantica/la-festa-dei-giudei-di-san-fratello-dalla-ritualità-allo-spettacolo/
cucinare.meglio.it/ricetta-cardi_alla_maniera_ebraica.html
www.ilportaledelsud.org/espulsione_ebrei.htm
Lascia un commento